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La Lotta di Liberazione 1943-45 nella Media e nell'Alta Valsesia

Le notizie riportate in questa pagina sono state tratte in gran parte dal volume:
"La Lotta di Liberazione nella Provincia di Vercelli", di Gianni Zandano, ed. SETE, Vercelli, 1957


Nell'immagine (tratta dal libro di G. Zandano): nucleo di patrioti acquartierati in prossimità di un nevaio.

Premessa: considerata la relativa scarsità di notizie riguardanti la Resistenza nella Media e nell'Alta Valsesia (quindi, nella Val Grande da Varallo ad Alagna, comprese le valli laterali, nonché nella Val Mastallone) è forse opportuno sottolineare che quando si parla di "Resistenza in Valsesia" ci si riferisce ad azioni ed avvenimenti interessanti per lo più la Bassa Valle (Borgosesia, Grignasco, Serravalle, Agnona, ecc.), ricca di industrie manifatturiere i cui impianti e i cui prodotti andavano ad ogni costo protetti dalle frequenti requisizioni delle truppe nazi-fasciste. Fu infatti in quell'area, con estensione al Biellese e all'Ossolano, che avvennero i principali scontri a fuoco e furono registrate le più significative azioni dei distaccamenti partigiani. La Media e l'Alta Valsesia furono più che altro considerate "luoghi di rifugio e di riorganizzazione", grazie alle asperità del territorio e alla possibilità di trovarvi riparo in caso di rastrellamenti o inseguimenti. In questo quadro s'inseriscono anche le ritirate che i partigiani dell'Ossola effettuavano passando dalla Valle Anzasca all'Alta Valsesia. Fanno forse eccezione alcuni episodi verificatisi nelle zone di Fobello, Carcoforo, Rimella (Val Mastallone) e attorno all'Alpe Sacchi (Varallo-Lago d'Orta). Tutto ciò potrebbe forse dare una spiegazione anche al fatto che nella Media e nell'Alta Valsesia sono scarsi i momenti in cui viene commemorata con grande partecipazione la Lotta di Liberazione, mentre in altre zone "il ricordo" rappresenta un elemento di spicco della storia recente. Costituisce comunque un'altra eccezione (peraltro di non poco conto) l'eccidio perpetrato dai tedeschi ad Alagna il 14 luglio 1944, quando a ridosso del muro di cinta del cimitero furono trucidati otto carabinieri ed altrettanti partigiani che operavano nella zona. Il tragico fatto è ancora oggi ricordato dagli alagnesi che hanno posto a suo tempo una lapide in bronzo nella piazzetta Grober, ove annualmente si svolge una cerimonia, presenti autorità civili e militari (L'episodio di Alagna è stato segnalato da un cortese visitatore di questo sito, al quale vanno i più sentiti ringraziamenti).

Fatta questa premessa, e ricorrendo a quanto scritto da Gianni Zandano nel volume citato più sopra
(pagg. 37 e segg.), "...la Resistenza in Valsesia ebbe inizio la sera stessa dell'armistizio (Ndr: l'8 settembre 1943) quando, con a capo il primo cittadino, Cav. Osella, si era formato a Varallo il Comitato Valsesiano di Resistenza (ne facevano parte anche l'avv. Barbano [Ndr.: oltre ai volumi presenti nella bibliografia di questo stesso sito, l'avv. Barbano ha scritto alcune pregevoli opere sulle sue esperienze di partigiano], Peter Grober, Ezio Grassi e l'avv. Balossino) ... l'11 settembre il Comitato nominava Cino Moscatelli (Ndr.: Novara 1908 - †Borgosesia 1981), da tempo presente nell'organizzazione clandestina del PCI, e 'Ciro' (Eraldo Gastone) al comando dell'organizzazione militare della Valsesia; incaricandoli di sovraintendere ai primi centri di raccolta subito formatisi in alcune località della Valle: alle Piane, a Campertogno, al Brisco e a Camasco ...". Ma l'intera struttura prese effettivamente corpo fra la fine di Ottobre e gli inizi del Novembre 1943, dopo che un grande rastrellamento compiuto dai nazi-fascisti contro le bande di ex-militari (soprattutto del 53° Fanteria di stanza a Biella) e di giovani sfuggiti al reclutamento della Repubblica Sociale Italiana, suggerì una riorganizzazione generale sotto il comando del Comitato di Liberazione Nazionale, rappresentato nella zona dal Colonnello Cattaneo.
Da quel momento in poi, "...grazie all'opera del Comandante 'Nedo'
(Ndr.: Piero Pajetta, ucciso in un'imboscata ad Adorno Micca nel Febbraio 1944) è tutto un nascere di distaccamenti "garibaldini": il 'Pisacane' nella Valsessera, il 'Piave' a Basto di Mosso S.ta Maria, il 'Bandiera' nella Valle d'Andorno e, infine, il 'Gramsci' in Valsesia. ...sotto la pressione continua di renitenti, di sbandati, di compromessi che affluiscono dalla pianura vercellese e novarese. ...in Valsesia sono numerosi i centri di raccolta allestiti negli alpeggi, oppure lungo i declivi della Sivella e tra le casere dell'Argnaccia. ...Le azioni a valle vengono effettuate con prontezza e decisione: dopo l'attacco ai fascisti asseragliati nel Municipio di Varallo, si scende a Grignasco per rifornire di scarpe l'intero distaccamento e ci si spinge ancora, sino a Borgosesia, per liberare dalle carceri alcuni partigiani e diversi antifascisti locali...".
Il 'Gramsci' contava all'inizio 70 uomini, al comando militare di "Ciro", mentre quello politico era affidato a Moscatelli. In seguito il distaccamento s'infoltì e divenne presto una delle principali formazioni delle divisioni valsesiane.
A parte i fatti già citati, "... Il 12 dicembre un gruppo del 'Gramsci' blocca Serravalle ... e il 14, occupata Varallo, grazie alla solidarietà dei Carabinieri, vengono fatti ingenti prelievi alla Banca Popolare ... Il 15 è la volta di Borgosesia dove, dopo il disarmo dei Carabinieri, viene distribuito alla popolazione un intero stock di viveri prelevato dal locale consorzio fascista ...Il 31 dicembre ha luogo il primo grande scontro presso Camasco di Varallo: circa la metà del 'Gramsci' combatte con successo contro il 63° battaglione "M" "Tagliamento" ..."
Numerose furono le azioni belliche che videro in primo piano le formazioni valsesiane, non soltanto "garibaldine", e sarebbe troppo lungo riproporle tutte per intero in questa pagina. Per esse si rimanda quindi al testo citato più sopra. Tuttavia è senza dubbio degno di memoria, anche perché svoltosi non lontano da Piode, l'episodio tragico di Rassa
(Anche su questa triste vicenda esiste un'ampia bibliografia).
"Dietro la forte pressione di duemila nazi-fascisti, il 'Mameli', il 'Bandiera' e il 'Piave' abbandonano basi, magazzini ed armi ... e con una marcia forzata... si trasferiscono a Scopello... presso gli organizzati 'garibaldini' di Moscatelli; dopo di che ... si riparte per Rassa per... procedere alla riorganizzazione dei reparti. Ma a Rassa ... si scrive forse la pagina più sanguinosa di tutta la lotta partigiana vercellese. Dal punto di vista strategico Rassa era infatti una vera e propria posizione-trappola: al centro di una conca sprofondata tra i massicci del Corno Rosso, della Meja e del Cossarello... aveva come unico sbocco la stradicciola che digrada lenta a valle fino a ricongiungersi alla rotabile Varallo-Alagna nel tratto Piode-Campertogno. ...Il mattino del 13 marzo, circa 1500 tedeschi, a bordo di 52 camion preceduti da alcuni carri armati, salivano in Valsesia ... per l'attacco a Rassa. Sui tre distaccamenti partigiani... si scatena un uragano di fuoco ... Ben presto ... le condizioni di lotta si fanno disperate. ...Poi viene l'ordine di ritirarsi ... tutti si sbandano, corrono verso la montagna pullulante di feriti che si lamentano ...in cerca di salvezza. Ed i tedeschi seguono le piste di sangue sulla bianca coltre di neve, sparano in alto sulle sagone nere che si muovono lentamente, catturano ed uccidono i feriti. Dieci 'garibaldini' giacciono nelle postazioni, altri cadono ancora nella neve, altri 12 vengono catturati in una baita e fucilati presso il cimitero di Rassa, dopo di aver subito sevizie di ogni genere...". Da notare che in questa particolare circostanza il 'Gramsci' ne uscì del tutto indenne, sottraendosi con tempismo all'avanzare del nemico, che alla fine non trovò altro se non macchie di sangue e depositi vuoti.

Secondo i racconti di alcuni anziani abitanti di Piode, durante l'intero periodo della Resistenza anche le baite dell'Alpe Meggiana e del Lagone, rappresentarono un sicuro rifugio per le formazioni partigiane.
Comunque, di tutte queste vicende se ne sente parlare poco localmente, come se si trattasse di fatti che non coinvolgevano direttamente il paese e i suoi abitanti. In effetti, la maggior parte dei partigiani erano - tutto sommato e per lo più - dei "foresti", che per sopravvivere dovevano prelevare gran parte delle già scarse risorse disponibili nella Valle. Inoltre, con le loro azioni e le loro ritirate, pur ammirate e condivise che fossero, si "tiravano dietro" la reazione dei nazi-fascisti, che certamente non potevano risultare graditi a nessuno. C'é stata, è vero, ampia collaborazione fra la popolazione locale e i partigiani, ma il rischio di feroci rappresaglie; o di farsi bruciare dai nazi-fascisti le case, le stalle e le baite, più una lunga serie di altre disgrazie e angherie già verificatesi in altre zone, suggeriva anche una certa prudenza.

Eventuali ulteriori contributi alla ricostruzione degli avvenimenti interessanti Piode e dintorni, saranno sempre graditi.

Nota: nonostante la copiosa e puntuale bibliografia dedicata alla Resistenza in Valsesia, il testo di Gianni Zandano è sembrato di particolare interesse in quanto ricco di riferimenti storici e bibliografici, e privo di quella retorica che ha caratterizzato taluni scritti (e non solo quelli) sulla Lotta di Liberazione. L'Autore ha privilegiato una cronaca ben documentata degli avvenimenti più significativi. Se infine consideriamo che quel testo è stato pubblicato soltanto pochi anni dopo la Liberazione, da una persona che la Resistenza l'aveva conosciuta in prima persona (come peraltro anche altri Autori), dobbiamo dedurre che le sue testimonianze siano più che attendibili.